Il rigorista

08.07.2016 10:40 di  Claudio Nassi   vedi letture
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Il rigorista

Ho seguito con attenzione, mista a curiosità, quanto è stato detto e scritto sulla lotteria dei rigori. Mi riferisco all'eliminazione dell'Italia con la Germania agli Europei. Mi hanno incuriosito le interviste a Boninsegna e Shevchenko, come le domande rivolte a Giuseppe Vercelli, psicologo dello sport e docente all'Università di Torino. Roberto Boninsegna è l'italiano che ha segnato più rigori consecutivi in serie A, diciannove, anche se ne aggiunge un ventesimo all'ultimo minuto di una partita con la Roma, ma un'invasione di campo decretò una vittoria a tavolino, cancellando il gol. Consiglia di non guardare il portiere, perché fa di tutto per innervosirti. Shevchenko dice che "... uno deve essere capace di controllare le forti emozioni che prova dentro, prendere una decisione e non cambiarla. Guardavo il portiere. Se era calmo e concentrato anch'io controllavo le mie emozioni e facevo gol". Il professor Vercelli spiega che "... non è una questione culturale o sociale, dipende dall'allenamento del singolo a gestire quel momento".

Non so se ho ragione, quasi certamente no, ma ho sempre pensato che il campo da gioco non si divida in due metà di 52 metri e mezzo, ma in una di 89 e l'altra di 16, dove pochi possono stare, quelli baciati da Madre Natura, con il dono di metterla dentro. Basta leggere i tabellini del lunedì e ci si accorge che, in ogni categoria, a segnare sono i soliti. Ho giocato per 10 anni a medi livelli e quei 16 metri mi erano vietati. Nello stesso modo penso che calciare un rigore sia per una ristretta minoranza, per quelli freddi come un iceberg. Non credo esista un solo modo di battere un penalty, perché l'ho toccato con mano, ma so che il rigorista, se non sta a pochi passi dalla palla, dà un vantaggio al portiere. Ho avuto un allenatore argentino al Torino, Jo Santos, che credo ne abbia realizzati 15 su 16 in serie A e ci dimostrava come fosse facile per lui. Nello stesso anno in prima squadra giocava Gino Armano, ex Inter, la prima ala tornante, altro specialista. Aspettava che il portiere si muovesse e lo prendeva in contropiede. Anche Nils Liedholm faceva la stessa cosa.

Quando mi sono trovato a confezionare una squadra, mi preoccupavo di scegliere uno o due specialisti dagli 11 metri, come chi batteva le punizioni dirette da destra e da sinistra e chi calciava gli angoli. Sarebbe stato un errore non tenere in considerazione la percentuale di gol da palla inattiva. Con una differenza: sulle punizioni e gli angoli era importante un continuo allenamento, perché l'esercizio migliora l'attrezzo. Per i rigori puoi provare giorni interi, ma, in partita, la musica cambia. La responsabilità e la pressione non tutti le sopportano. I 7 metri e 32 della porta, che di solito sembra grande, si riducono e capisci che tirare il rigore non è per te. 

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