Basta!
Se si ha un minimo di perspicacia non si può giocare col regista, a meno che non sia Rijkaard o Redondo, perché marcato e attaccato diventa l'anello debole. L'Italia di Mancini ne ha presentati anche tre: Jorginho, Verratti e Bonucci. A distanza di tempo il C.T. se ne è accorto. Dopo aver detto che andavamo in Qatar, al Mondiale, per vincere, ci siamo trovati a casa, battuti dalla Macedonia del Nord. Giochiamo a Wembley come campioni d'Europa con l'Argentina, campione del Sudamerica, e usciamo con le ossa rotte, 3-0. Martedì subiamo un umiliante 5-2 dalla Germania, senza mai essere esistiti. Siamo sempre la nazione con 4 stelle sulla maglia, la seconda con la Germania, dietro il Brasile pentastellato. Possiamo accettare questo stato di cose senza darsi una mossa? Non credo. Siamo dilettanti allo sbaraglio. Ce ne accorgiamo dalle convocazioni pletoriche. Un non senso. Quasi la maglia azzurra fosse per tutti.
Quando leggo i convocati con gente di Serie B, o di altri campionati, o che non ha ancora toccato la prima squadra, mi do i pizzicotti per capire. Così nel vedere formazioni cambiate di volta in volta, anche con 10 ingressi. Ma quando mai si formerà una squadra? Ricordo la partenza per il ritiro precampionato con due o tre elementi da inserire. Si cercava di graduare gli impegni con squadre dilettantistiche, poi di Serie C, per trovare l'amalgama. Alle volte passavano tre o quattro giornate di campionato per ottenere un rendimento soddisfacente. Se in Nazionale si cambiano i calciatori come i vestiti, quando ci riuscirai?
Ho visto l'avvicendamento sulla panchina della Germania, da Low a Flick. Non ci sono stati sconvolgimenti, ma adattamenti. Da noi, invece, si fanno cose mai viste, senza che nessuno intervenga. Né i componenti lo staff di Mancini, né altri. Se uno prende 4 milioni netti l'anno deve dimostrare di meritarli. Non basta essere stato ottimo calciatore e reggere un titolo in prima pagina. Si rappresenta l'Italia. Non si possono fare figuracce, come ormai è routine. O raccontare che vinceremo il Mondiale 2026. Preoccupiamoci di partecipare. Sarebbe già un successo. Purtroppo siamo costretti a sentir ripetere: "Risaliremo", oppure: "Sbagliato tutto, ma la via è giusta". Lasciamo perdere. Facciamo autocritica, parliamo meno e ricordiamo sempre quello che diceva Ercole Rabitti: "Non rendiamo il facile difficile attraverso l'inutile".
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