Chi se ne frega della credibilità?

12.12.2016 09:11 di  Claudio Nassi   vedi letture
Chi se ne frega della credibilità?

Martedì 6 u.s. la "rosea" ha dedicato tre pagine e un articolo di fondo agli agenti dei calciatori. In prima campeggiava la figura di Jorge Mendes, il portoghese premiato nel 2010 ai Globe Soccer Awards come il migliore del mondo, che secondo la rivista Forbes ha chiuso il 2015 con guadagni per 85 milioni di dollari. Oggi si trova al centro dell'inchiesta Football Leaks, che investe non so quanti personaggi per evasione fiscale. Si ricorda, inoltre, che tutte le trattative più importanti vedono presenti, oltre a Mendes, Raiola, Kia Joorabchian, Branchini, Nelio Lucas e Pini Zahavi. Detto questo, l'editoriale di Laudisa sottolinea che "... l'inchiesta fotografa situazioni imbarazzanti, che galleggiano tra l'elusione fiscale e l'abuso di posizione dominante". Ricorda che "... la FIFA per decenni ha chiuso un occhio, da quando in Argentina nacquero le prime TPO (ovvero la proprietà di terze parti, n.d.r.) per salvare clubs al collasso in cambio di percentuali sui cartellini di calciatori". Poi si accodò il Brasile, infine l'Europa. Laudisa pone domande di una logica stringente: "Come mai la FIFA un anno fa si è lavata le mani sulla questione, abolendo l'albo istituito nel 2001?". E poi: "La credibilità è un bene inestimabile e si deve pensare a norme rigide per chi opera al calcio mercato".

Il tema, indubbiamente di grande interesse, è stato dibattuto più volte da Lady Radio su Stazione di Sosta. D'accordo, in modo diverso, ma con un punto in comune: la credibilità come bene inestimabile. La Gazzetta dello Sport mi ha riportato al settembre 1982 quando, per primo, insieme a due soci, fondai la AIM, società che aveva la procura di 15 calciatori tra i più importanti. Quindi conosco il mestiere e non dimentico ciò che subito disse l'allora Presidente della Roma Dino Viola: "Nassi e il suo ex Presidente Mantovani vogliono impadronirsi del calcio". Aveva ragione. Un disonesto avrebbe potuto fare tutto e il contrario di tutto, fino ad alterare risultati e, addirittura, decidere campionati. Per questo non si può fare orecchie da mercante, perché i problemi vanno oltre l'evasione fiscale e inficiano la credibilità, soprattutto nelle serie minori, ma non solo. L'idea di regolamentare un'attività di questa importanza dovrebbe essere il problema numero uno dell'organizzazione. D'accordo, il malaffare non si estirperà mai, ma è un dovere circoscriverlo. Un modo, certamente non il solo, potrebbe essere quello che ripeto da anni: un calciatore per società e non più di dieci per categoria, esclusi i Dilettanti, con il divieto di consorziarsi. Se non si provvede c'è un motivo, per di più facile da immaginare. E la credibilità?   

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