Cruyff - Ajax numeri uno

12.03.2021 09:00 di Claudio Nassi   vedi letture
Cruyff - Ajax numeri uno

Dal momento che sono alla 830° puntata con Lady Radio, è scontato ripetersi. Magari illuminandomi d'immenso. Chiedo perdono ai soliti tre amici tre che hanno la costanza di seguire e ricordo di non aver inventato niente. Ho avuto grandi maestri e preso un po' ogni dove, privilegiando i più bravi. Questo ha portato a ricevere stima e considerazione dal Presidente della Sampdoria Mantovani e del Torino Gerbi, dal consigliere di Menotti e Passarella, Ricardo Cosentino, e altri ancora. Dico la verità: non so se meritati. Spesso non era farina del mio sacco. Dal '78 lavoravo con lo psicologo, ma il Brasile l'aveva al seguito 20 anni prima, al mondiale di Svezia nel '58. Nello stesso anno presi a fare gli scout, ma nel basket era routine. Nell''84, a Perugia, alla fine del primo tempo l'allenatore aveva i dati dei suoi e degli avversari da chi andava in campo col computer. Ma nel basket li avevano all'istante. A fine '82 ero il primo a fare il procuratore in Europa, ma seguivo le orme di McCormack e Donald Dell, che curavano gli interessi dei campioni di golf e tennis.

Tutto questo fino alle 24.00 del 7 marzo. Guardavo la trasmissione di Caressa, con Bergomi, Del Piero, Marchegiani e Piccinini, quando ho sentito Del Piero dire: "All'Ajax insegnano ai portieri, fin dagli 8 anni, a giocare con i piedi". La notizia prendeva di sorpresa l'uditorio. Nessuno lo immaginava. Eppure lo sapevo dal marzo '86, quando andai ad Amsterdam ad acquistare Van Basten. Me lo spiegò Keizer mentre il "secondo", nel prepartita di Ajax - Groningen, scambiava rinvii, calciando di drop, con Menzo, il portiere. Perché Cruyff pretendeva che la squadra giocasse in undici e non in dieci più uno.

Chissà se il calcio italiano è indietro a chi 35 anni fa studiava, preparava e insegnava a giovani e meno giovani. Chissà se ha ragione Capello quando dice che l'unica squadra di respiro europeo è l'Atalanta. Chissà se non ci applichiamo come dovremmo e continuiamo a pensare di essere quelli che non siamo. Se non vinci una coppa da 10 anni, non partecipi al Mondiale del 2018 in Russia e anche in Serie A tardi a pagare gli stipendi, devi chiedere perché. Alla fine mi è tornato alla mente il Professor Mercati, docente all'Università Cattolica. Nel '90 gli chiesi un giudizio sull'annuario tecnico-statistico Tuttocalcio e, una volta esaminato, disse: "Avanti sì, ma non troppo". Sentite le parole di Del Piero, è sorto il dubbio che avesse ragione.

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