Burdisso e Mourinho

09.06.2020 09:00 di  Claudio Nassi   vedi letture
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Burdisso e Mourinho

Tempo fa ho ascoltato Burdisso dire in tv che Mourinho demandò ai calciatori dell'Inter la scelta se marcare a uomo o a zona sulle palle inattive. Come, un allenatore che guadagnava l'incredibile non si assumeva neppure la responsabilità di una marcatura tanto delicata? Ricordo le parole di Boskov, quando diventò di moda la zona: "Così gli allenatori non dovranno pensare nemmeno alle marcature". Aveva ragione. Soffermarsi a studiare come disporre i difensori, evidentemente, era una perdita di tempo. Cosa non meno grave è stato ascoltare i cosiddetti opinionisti schierarsi per la zona e dire, come Bergomi, che non ci sono differenze: "Si prendono gol in entrambi i casi". Inutile aggiungere che non la penso così.

Non a caso, con amici, confezionai, nel '90, un annuario tecnico-statistico di 1.300 pagine, Tuttocalcio. Apriva con i "10 Comandamenti". Il secondo recitava: "Il calciatore che ha l'attitudine al gol è sacro"; il terzo: "Chi segna molto in casa e poco fuori non vale quanto quello che è capace del contrario"; il quarto: "Il centrocampista che ha dimestichezza col gol è un oggetto prezioso"; il quinto: "Il fluidificante che ha il gol per amico è un tipo speciale"; il sesto: "Il marcatore che in carriera ha due gol di media a stagione è di gran pregio"; il settimo: "Chi è capace di servire assist a ripetizione vale quanto il cannoniere". Insomma, era il peana del gol, perché le partite si vincono segnando, come recita il primo comandamento. Non esiste altra possibilità. Ecco perché non spiego come si continui a credere che tutti possano segnare. L'unica cosa che non si può insegnare. E' un dono per pochi.

Rimane incredibile come calciatori che hanno alle spalle anche 20 campionati non abbiano capito. Ma Costacurta, che in 19 tornei al Milan la mette dentro due volte, può andare a saltare? E Filippo Galli, 4 gol in 15 campionati, o Tassotti, uno ogni due anni, o Gattuso, 9 in 13? O, per passare alla Juventus, Morini zero in 16 tornei, o Furino, uno ogni 2.314', o Barzagli, uno in 199 partite? Questi e altri si saranno chiesti perché? Ma Passarella, Facchetti, Maldera, Brio, Vierchowod, Sergio Ramos, Chiellini, Bonucci e Di Lorenzo non erano e sono un pericolo in area di rigore? Ci sarà un motivo, o si continuerà a parlare di casualità? Se andate a leggere i tabellini delle partite il lunedì, non notate, in ogni categoria, che a segnare sono quasi sempre gli stessi? Perché ci ha pensato madre natura. Il terreno di gioco, infatti, non si divide in due metà di 52,5 metri, ma in una di 89 e l'altra di 16. In quei 16 metri sono pochi quelli che ci sanno stare. E allora marcateli!  

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