Neymar non è Messi
Gerson de Oliveira Nunes de Niteroi, nella storia noto come Gerson, oggi ha 76 anni, fa il commentatore alla tv SBT ed è stato il mancino d'oro del Flamengo dal '59 al '63, Botafogo dal '63 al '69, San Paolo dal '69 al '72 e Fluminense dal '72 al '74, oltre ad essere il cervello di quel Brasile che, nel Mondiale del '70, ci superò in finale a Città del Messico. Dall'alto della sua esperienza si lascia andare a un giudizio che non trova molti d'accordo: "Il miglior calciatore del mondo è Neymar, più anche di Messi, e, se il Brasile vincerà il Mondiale in Russia il prossimo anno, O' Ney verrà consacrato il migliore e otterrà quel "Pallone d'Oro" che avrebbe già dovuto vincere. In nazionale ormai è indispensabile, perché esegue più funzioni: arretra, prepara le giocate, rifinisce e conclude". Ma quando gli si domanda dove lo metterebbe nel Brasile '70, risponde: "In panchina. Infatti chi uscirebbe per farlo entrare? Pelé? Tostao? Non Jairzinho, una macchina da gol velocissima, né il grande Rivelino".
Discutere Neymar sarebbe un non senso, anche se dire che è il numero uno, con Messi e Cristiano Ronaldo in circolazione, non credo, al momento, si possa condividere. Il suo giovane compagno di squadra Rabiot dice che è un fenomeno e non c'è da meravigliarsi sia costato 222 milioni di euro come nessuno e che il PSG abbia pagato, fra ingaggio pluriennale e mediazione al padre, 560 milioni. Al contrario di quanto dichiarato da Rummenigge, la penso come Bill Veeck, che "... non è il costo della qualità che preoccupa, è il costo della mediocrità che rovina". E, sempre in ritardo, ho capito la politica del Presidente del Real Madrid, Florentino Pérez, che spese cifre al tempo incredibili per Ronaldo e Bale e non sbagliò.
Tornando a Neymar, che i tifosi del Santos chiamavano O' Ney per l'assonanza con O' Rey, soprannome di Pelé, è facile definirlo un talento e un fuoriclasse. Poi, dal momento che mi piace distinguere tra gli immarcabili e quelli che non lo sono, Neymar non rientra tra i primi. Pelé lo era. Potevi riuscire a chiuderlo e a non farlo giocare, ma su un cross saliva in cielo e di testa castigava. Di Stefano giocava a tale ritmo che non si poteva stargli dietro. Salvava il gol sulla linea di porta ed era lì a concludere nell'azione successiva. Cruyff spaziava in ogni zona del campo; Van Basten riusciva a sottrarsi alla marcatura perfino di Vierchowod, portandolo fuori zona. Insieme a questi ce ne sono pochi altri, fino ad arrivare a due centravanti, Romario e Gerd Muller, ovvero un brasiliano che ha segnato 1.000 gol e il più forte calciatore tedesco di tutti i tempi, come vuole Breitner. I due, in controtendenza, la marcatura andavano a cercarla, poi facevano il compasso e chiudevano in rete. Chi lo capiva limitava i danni ma, evidentemente, visti i gol segnati, pochi lo capivano. Neymar, invece, l'ho visto marcare con inattesa facilità da Dani Alves, tutt'altro che un cerbero, in Juventus - Barcellona, mentre Messi ha una velocità di esecuzione che, anche marcato, ti salta all'interno e all'esterno e, pur avendo una tecnica superiore, non si innamora del tocco in più, abituato com'è a giocare in verticale e a vivere per il gol.
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