Luca Percassi e Gino Pozzo

10.06.2018 09:50 di Claudio Nassi   vedi letture
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
Luca Percassi e Gino Pozzo

Ho sempre visto l'Atalanta come un esempio da seguire. Mi aveva colpito il fatto che l'allora Presidente Achille Bortolotti, quando la voce "Ingaggi" superava certi limiti, diceva: "E' il momento di retrocedere per rientrare nei giusti parametri". Credo di aver detto tutto. Allora l'attuale Presidente, Antonio Percassi, giocava. Correva la stagione '73/'74. Nell''85/'86 il padre passò il bastone del comando al figlio Cesare, che aveva al fianco i fedeli Previtali e Randazzo, il quale, mio segretario al Siracusa, nell''87, quando successe il dramma di Cesare, telefonò per offrirmi la presidenza. L'avevo già rifiutata al Perugia e alla Fiorentina e, pur lusingato, dissi ancora no. Avevo chiuso col calcio. Nel '90 Antonio Percassi diventa Presidente. Nel '94 passa la mano a Ivan Ruggeri ma, dopo la parentesi del figlio Alessandro, nel '94 la Dea torna alla famiglia Percassi, con Luca A.D..

In oltre 50 anni si sono visti alla guida i Baracchi, i Bortolotti, i Ruggeri e i Percassi, quasi sempre con Miro Radici alle spalle, a significare che cosa rappresenti per Bergamo, deliziosa città di 120mila abitanti. Parlo delle famiglie più importanti, con i Pesenti. E tanto attaccamento ha portato quasi sempre a migliorare. A dimostrarlo anche l'arrivo di Giovanni Sartori, braccio destro di Campedelli nel miracolo Chievo. Merito, probabilmente, di Luca Percassi, come il padre calciatore, deus ex machina di un'organizzazione che rasenta la perfezione. Credevo fosse Gino Pozzo il nostro miglior dirigente, uno che non ama apparire, ma quando ho saputo che ha cominciato a mettere becco negli allenamenti del tecnico, sono stato costretto a ricredermi. Anche Luca non si sente mai, ma alle 8.30 si può trovare in sede a seguire il lavoro di tutti, dall'amministrazione alla comunicazione, al marketing, all'area tecnica, al settore giovanile, con una sola preoccupazione: il bilancio.

E tanto lavoro non è fine a se stesso, se l'Atalanta acquista dal Comune lo stadio e lo ristruttura, se vanta a Zingonia un centro sportivo che rasenta l'eccellenza, se vende a prezzi d'affezione, se giunge quarta e settima in campionato, se si affaccia per due anni consecutivi all'Europa e se ha un allenatore, Gasperini, che, oltre a giocare sempre per vincere, è riuscito a cambiare la mentalità dei calciatori, a migliorarli, a prepararli per confrontarsi con chicchessia, privilegiando la forza, la gamba e l'intensità, per giocarsela uno contro uno. Eppoi se il Presidente aveva il sogno di vedere 7/8 ragazzi del vivaio in rosa, ha fatto di più: glieli ha messi in campo.  

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