La Nazionale di Mancini

07.06.2018 10:18 di Claudio Nassi   vedi letture
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
La Nazionale di Mancini

Fra i miei pensieri un posto spetta alla Nazionale. Vorrei fosse ai vertici del calcio mondiale. Sono un italianista convinto. Non siamo secondi a nessuno. Lo dicono la storia, i 4 Mondiali vinti, società che hanno poco da invidiare, Coverciano e una classe arbitrale che non ha l'eguale. Ma il tema è la Nazionale, oggi fuori dal Mondiale che sta per iniziare. Ha un nuovo C.T., Mancini, che comincia a fare esperienza con tre amichevoli: Arabia Saudita, Francia e Olanda. Una vittoria, una sconfitta e un pari. Non so quanti calciatori utilizzati. Domando perché. Purtroppo, da tempo immemore, si pensa che la maglia della Nazionale sia per tutti. Sacchi, addirittura, aveva fatto più di 100 convocazioni e non è stato il solo. Sono dell'avviso che il compito del selezionatore sia diverso da quello dell'allenatore e, per esperienza, so quanto sia difficile per il tecnico confezionare una squadra. Non ho avuto il piacere di lavorare con Bagnoli. Credo sia uno dei pochi, se non l'unico, in grado di riuscirvi. Perché faceva le cose semplici: voleva che il destro giocasse a destra e il mancino a sinistra, due marcatori, un libero, un fluidificante, centrocampisti in grado di fare le due fasi, un tornante col vizio del gol, un regista e due punte, di solito una potente e forte di testa e una rapida. So che quando chiedeva a Mascetti, suo D.S. a Verona, un esterno basso a sinistra, gli diceva: "Ciccio, se lo trovi in A o in B va bene, altrimenti guarda in C. L'importante è che sia mancino". Parlo di uno che ha vinto in tutte le categorie, oltre ad aver portato il Genoa in UEFA e a uno scudetto.

Ebbene, conosco le difficoltà di Mancini, ma non condivido il modus operandi. Non c'è motivo di cambiare ogni volta formazione. Gli esperimenti vanno bene in allenamento ma, se vesti l'azzurro e rappresenti il Paese, i risultati rimangono negli annali e il ranking ti punisce. In Nazionale devono giocare i migliori. Non ci sono giovani e vecchi, ma solo i migliori. Il Brasile, dopo l'umiliante sconfitta subita nel 2014 tra le mura di casa con la Germania, 7-1, si presenta tra le favorite in Russia, con un selezionatore, Tite, che ha fatto le cose più scontate. Se Osvaldo Bagnoli riusciva a esprimere un gioco piacevole facendo il semplice, non è detto che esista un solo modo di fare calcio. Personalmente preferisco chi non offre punti di riferimento, come l'Olanda di Michels o l'Ajax di Cruyff.

Capisco che per un selezionatore attuare certe idee non è facile ma, al contrario di alcune dichiarazioni, è grave dimenticare che anche i più forti si possono battere, se si riesce a giocare sopra ritmo per 95' (lo insegna l'Atalanta di Gasperini) o coperti e contropiede. Si deve sempre rispettare chi è più forte, ma consapevoli che si può vincere. Altrimenti poteva Cecchinato battere Djokovic? Ah, dimenticavo che senza organizzazione non si va lontano. Quindi sorvolo anche sulle sostituzioni; infatti i calciatori non sono le pedine di una dama, perché manca la persona più importante: il Presidente della FIGC. E, senza testa, le braccia e le gambe non si muovono certamente come dovrebbero.     

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