Il fallimento dell'Under 21
Non so quanto mi è dispiaciuto vedere l'Italia fuori dal Campionato Europeo Under 21. Credevo di vincere. Si giocava in casa, avevamo 4 calciatori (Chiesa, Barella, Zaniolo e Mancini) della nazionale maggiore e all'esordio, di fronte al Dall'Ara gremito, si superava, 3-1, la Spagna, una delle favorite. Mi sfuggiva qualcosa: l'euforia dell'ambiente e le interviste dei nostri in chiave ottimistica. Avevo dimenticato che per vincere bisogna aver paura di perdere. Poi non prendevo in considerazione l'aspetto politico. Chi poteva coprire le spalle alla squadra per accompagnarla a superare Polonia e Belgio? Non basta essere più forti sul campo. E' necessario esserlo anche fuori. E qui casca l'asino, se pensi che giocare in casa e avere l'italiano Rosetti, designatore, sia sufficiente. Anzi, era lo scoglio da superare, perché l'uomo doveva essere imparziale per una questione di credibilità. Un aspetto noto, che pretendeva di correre ai ripari.
Tutti sanno come è finita e come finirà la nazionale maggiore se Mancini continuerà a ripetere che vinceremo Europeo e Mondiale. Non immaginate quanto bruci l'eliminazione. Ancor più quando sento il C.T. Di Biagio dichiarare che non è stato un fallimento. Ho rivisto il Mondiale '90, quando si riuscì a far giocare a Napoli l'Argentina di Maradona, che aveva vinto lo scudetto poco prima, si accettò la direzione dell'arbitro Vautrot, che il Presidente Grondona e i suoi avevano contestato duramente nella partita d'esordio, e regalammo Vierchowod e Mannini agli avversari. D'accordo, gli errori furono ancor più macroscopici, ma anche stavolta non si è scherzato. Se la cosa più importante è fare gol, devi conoscere le vie per arrivarci. Se un pugile non può vincere per k.o., cercherà di farlo ai punti, lavorando l'avversario ai fianchi. Con la Polonia schierata con l'1-9-1 era utopia sfondare al centro e incomprensibile e inammissibile crossare dalla trequarti, per la gioia dei difensori. L'imperativo categorico doveva essere sveltire la manovra, arrivare sul fondo e crossare senza soluzione di continuità o servire dietro l'assist, privilegiando continui cambiamenti di fronte per non essere ripetitivi su un lato. Altra possibilità per segnare era su palla inattiva o con un tiro da fuori area.
Quando abbiamo fatto tutto il possibile e non c'è niente da rimproverarci, si può anche perdere. Se non l'abbiamo fatto chiediamoci perché. Di Biagio, buon centrocampista, è stato il C.T. più longevo dai tempi di Cesare Maldini. Dalla sua 3 Europei disputati e un bilancio che parla di 28 vittorie, 12 pareggi e 17 sconfitte, ma dopo l'eliminazione non può non parlare di fallimento. E se fra i ringraziamenti di rito trovo anche quelli rivolti al coordinatore delle nazionali giovanili, Maurizio Viscidi, che a margine di un'inchiesta dichiara: "Bisogna tornare a curare la tecnica", viene da sorridere e da pensare a quella che era un tempo la scuola di Coverciano.
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